di Mario Leone *
“È stato tutto un monologo sulla libertà quello che ho iniziato dal momento in cui le porte del carcere si sono chiuse alle mie spalle, un monologo che si è venuto man mano allargando e approfondendo. ... La conclusione cui non posso sottrarmi è che se per nulla al mondo vorrei rinunziare alla mia libertà, se l’ho difesa in me stesso contro i muri di pietre e contro i muri di idee, che mi circondano, se per essa ho accettato di distruggere tanta parte di me, devo volerla anche per il mio prossimo” Altiero Spinelli(1)
Ha scritto Altiero Spinelli nella sua meravigliosa autobiografia pubblicata per le edizioni del Mulino nel 1984: “… la federazione non era presentata come un bell’ideale, cui rendere omaggio per occuparsi poi d’altro, ma come un obiettivo per la cui realizzazione bisognava agire ora, nella nostra attuale generazione. Non si trattava di un invito a sognare, ma di un invito ad operare”(2). Questa azione è stata posta in essere sin dalla sua nascita dal Movimento federalista europeo, di cui abbiamo commemorato il 72° anniversario della fondazione 2 giorni fa, il 28 agosto.
Il Movimento ha fondato le sue radici sui principi di quello che è comunemente chiamato il Manifesto di Ventotene, ovvero il Progetto di Manifesto per una Europa libera e unita, maturato qui a Ventotene, durante il confino politico, sin dall’inverno del 1940-1941. Un’opera corale, guidata da personaggi come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi in particolare. “Del Manifesto – ha ricordato Spinelli - io scrissi i capitoli che trattavano della crisi della civiltà europea, dell’unità europea come compito preminente del dopoguerra e del “partito rivoluzionario” necessario per realizzarla. Ernesto Rossi scrisse il capitolo sulla riforma della società da affrontare nel dopoguerra. Ma ne discutemmo insieme ogni paragrafo, e riconosco ancora giri di pensiero caratteristici dell’uno di noi due nelle parti scritte dall’altro.”
La prima stesura del Manifesto è stata rilasciata nel giugno 1941. Il dibattito precedente e contestuale alla stesura è stato affrontato, tra gli altri, con Eugenio Colorni, professore e scienziato della filosofia, socialista, con Ursula Hirschmann, militante antifascista tedesca, moglie di Colorni. Nell’agosto dello stesso anno una seconda versione (dettata dall’ammorbidimento del giudizio sull’URSS entrata in guerra con la Germania nel frattempo). Il Manifesto ha cominciato a circolare clandestinamente in Italia grazie al fondamentale ruolo di Ursula Hirschmann e Ada Rossi (moglie di Ernesto); le due donne non erano confinate, quindi libere di viaggiare, come le due sorelle di Spinelli, Gigliola e Fiorella, che si preoccuparono di mantenere i contratti tra i confinati a Ventotene e i canali della Resistenza in “continente”. Il mito accompagna la stesura clandestina del Manifesto. Si racconta che le edizioni siano state manoscritte da Rossi su cartine da sigarette.
Le versioni a stampa del Manifesto sono due: la prima dell’agosto 1943 (a seguito della fondazione del Movimento Federalista Europeo a Milano) preceduta da una introduzione (non attribuita) e divisa in quattro sezioni (la terza è di Rossi); l’altra versione è del gennaio del 1944. E’ stato Colorni a pubblicarla a Roma col titolo “Problemi della Federazione Europea”: in essa è contenuta una sua nuova prefazione, la versione tripartita del Manifesto(3) e due saggi di Spinelli scritti a Ventotene (nel 1941-42): “Gli Stati Uniti d’Europa e le varie tendenze politiche” e “Politica marxista e politica federalista”.
“Il Manifesto è stato ed è ancora un testo vivo e significativo per molti suoi lettori, soprattutto grazie a due idee politiche che gli erano proprie”.
La prima idea politica l’abbiamo anticipata: la federazione non è un semplice e bell’ideale, un soprammobile, permettetemi il termine, da ammirare, ma un obiettivo concreto, di importanza vitale già nella generazione di coloro che hanno affrontato il confino e la Resistenza.
Non si trattava di un invito a sognare, ma di un invito ad operare. “La seconda idea significativa consisteva nel dire che la lotta per l’unità europea avrebbe creato un nuovo spartiacque fra le correnti politiche, diverso da quello del passato”.
Le idee politiche ruotavano intorno a due contrapposti concetti, quello legato alla Nazione, che esalta le diversità, e quello che vede nella costruzione di un “solido Stato internazionale” la garanzia per la pacificazione dei popoli europei con la caduta nel nazifascismo.
“La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari – si può leggere nel Manifesto – cade perciò ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico, cioè la conquista del potere politico nazionale – e che faranno, sia pure involontariamente, il gioco delle forze reazionarie lasciando solidificare la lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio stampo, e risorgere le vecchie assurdità – e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopreranno in primissima linea come strumento per realizzare l’unità internazionale.”
Quella dimensione internazionalista è la guida della politica moderna. Ma c’è di più. La scoperta della federazione europea appunto. Una struttura che vede la realizzazione più equilibrata a garanzia delle minoranze e dei poteri democratici, che si fonda sulla solidarietà, economica, finanziaria, politica tra gli Stati che ne fanno parte, e tra i popoli che la compongono, che fa del principio di sussidiarietà l’asse portante, verticale e orizzontale, per meglio reperire e poi utilizzare le risorse dei singoli Stati a servizio del “bene comune”.
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Ci chiediamo: oggi quanto del disegno del Manifesto è stato realizzato? Le nostre precedenti generazioni del XX secolo quale livello di “integrazione” ci hanno consegnato?
Anziché parlare di punti di arrivo, oggi parliamo ancora di transizione: una Unione europea ancora alla ricerca della sua completa realizzazione.
Nelle nostre tasche abbiamo l’Euro, la moneta unica europea. Questo è il prodotto europeo di un processo lungo (iniziato concretamente soltanto con la dichiarazione di principio di Schuman del 9 maggio 1950) e portata a compimento con il Trattato di Maastricht del 1991. La prima vera Istituzione di stampo federale o pre-federale, è incentrata sul governo della moneta, la Banca centrale europea.
“L'Unione monetaria è più efficace nel garantire gli interessi fondamentali dei cittadini quando gli interessi comuni sono riconosciuti come tali… la condivisione di una moneta unica è l'unione politica”. Queste sono le parole del presidente della BCE, Mario Draghi(4). Tra le Alte cariche europee, Draghi dimostra piena coscienza che con una accelerazione repentina dell’integrazione oltre la moneta potrà essere completata l’unione monetaria e, quindi, potrà essere apportata stabilità e prosperità a tutti i membri dell’area euro.
Continua il presidente della BCE, “malgrado la sua tenuta, la nostra unione è ancora incompleta”, gli Stati membri “devono trovarsi in condizioni migliori aderendovi anziché restandone fuori”. “Se vi sono parti dell’area dell’euro che si trovano in condizioni peggiori partecipando all’unione, potrebbe sorgere il dubbio che alla fine si ritrovino a doverla lasciare”. “L’euro è – e deve essere – irrevocabile in tutti gli Stati membri che l’hanno adottato, non solo perché è scritto nei trattati, ma perché senza irrevocabilità non può esistere una moneta realmente unica”.
Il problema essenziale che si pone oggi è quello dei trasferimenti di bilancio permanenti tra Stati membri, la compartecipazione e condivisione nel “peso” del debito europeo. Su questo ha ragione Draghi: “Tutti i paesi dell’area dell’euro devono essere in grado di prosperare in maniera indipendente”, ma “i paesi devono investire maggiormente in altri meccanismi per ripartire il costo degli shock”.
Il nodo da sciogliere sul quale si gioca la partita per la riuscita del progetto federale è nella presa d’atto che in un’unione monetaria i risultati economici di un singolo paese non possono essere considerati una questione puramente nazionale.
Se vogliamo che la sovranità sulle politiche economiche non sia soltanto “esercitata in maniera congiunta” come affermato da Draghi, ma addirittura che sia espressa in modo unitario in un quadro di una vera Europa sovranazionale dobbiamo raggiungere l’unità politica.
Come sappiamo l'unificazione europea dopo la Seconda guerra mondiale ha garantito 70 anni di pace, ha dato benessere e consolidato la democrazia, e la sua prospettiva ha dato linfa per il reinserimento di Paesi devastati dalla guerra stessa.
La crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008 ha il sapore di una guerra, ha impoverito le famiglie e i popoli d’Europa creando nuove forme di migrazione forzata alla ricerca disperata di un futuro migliore, dando man forte al populismo, che ha cavalcato l’onda del nazionalismo come soluzione alla “matrigna” Europa.
Il MFE è ben cosciente di questa situazione ha messo in evidenza la necessità di un governo federale a livello dell’Eurozona verso un New Deal europeo, che garantisca uno sviluppo economico sostenibile ed il rilancio dell’occupazione, è ha evidenziato gli obiettivi a medio termine da raggiungere: l'unione fiscale, l'unione economica e l'unione politica, tre punti interdipendenti e irrealizzabili l'una dall’altra.
Per questo la battaglia del MFE è improntata verso un bilancio aggiuntivo dell’Eurozona, fondato su risorse proprie ottenute con imposte europee (come l'imposta sulle transazioni finanziarie e la carbon tax) e sull'emissione di Union bonds svincolata dai governi nazionali e controllata democraticamente dal Parlamento europeo. Il MFE chiede a gran voce oggi che venga instaurato un “governo democratico dell’Eurozona” perché senza convergenza degli strumenti in campo non si potranno promuovere politiche di sviluppo e di solidarietà (in particolare introducendo un sistema europeo di assicurazione contro la disoccupazione), riforme strutturali (riconquistando il consenso dei cittadini a favore del completamento del progetto europeo), riforme istituzionali indispensabili per garantire effettivi poteri di governo a livello dell’Eurozona e poteri di controllo democratico al Parlamento europeo per il completamento di una piena unione politica.
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Noi oggi siamo qui, in questo Seminario, il XXXIV nella versione nazionale, organizzato a memoria di quella stagione tragica e allo stesso tempo rivoluzionaria, ma anche a monito per la vostra giovane generazione, quella che vedrà – grazie al vostro impegno – l’unità dell’Europa compiuta.
Un Seminario prima organizzato dal MFE, su suggerimento di Altiero Spinelli in occasione, il 1° luglio 1982, della consegna di una medaglia commemorativa, coniata dalla Regione Lazio, al Presidente della Repubblica Italiana, Sandro Pertini, e per mano dello stesso Spinelli, del Presidente della Regione, Giulio Santarelli, di Ursula Hirschmann (moglie di Altiero dopo la tragica scomparsa di Colorni), Ada Rossi, Umberto Serafini, Leo Solari, Edmondo Paolini e Gabriele Panizzi, passando attraverso la legge regionale 25 maggio 1982, n. 21 (Iniziative regionali e locali per lo sviluppo del processo di integrazione politica europea), e la legge regionale 13 giugno 1983, n. 37 (Istituzione del seminario di Ventotene per la formazione federalista europea), poi realizzato dalla sua costituzione dall’Istituto di studi federalisti(5) intitolato ad Altiero Spinelli, a partire dal 1988.
Ventotene è un luogo di memoria del confino fascista, di polizia prima e politico poi, ma anche un luogo di elezione; Ventotene è stata una Comunità di destino, come lo è ancora oggi come lo è nel corso di questo Seminario.
Una lapide all’ingresso della casa comunale(6) ricorda che da qui è partito il primo appello di un gruppo di federalisti ad agire per la federazione europea. E se Ventotene ha lasciato un segno indelebile in Spinelli, come nelle donne e negli uomini che qui hanno sacrificato parte della loro vita come, per citarne solo alcuni, Ernesto Rossi, Camilla Ravera, Giorgio Braccialarge, Umberto Terracini, Giuseppe Di Vittorio, Sandro Pertini, Alberto Jacometti e Luciano Bolis, compagni di vita, di confino, di studi, di lotta politica, anche lui a sua volta l’ha segnata, rendendo col Manifesto il nome dell’isola noto in tutta Europa fra coloro che portano avanti o studiano il moto verso l’unità.
“‘Nel mezzo del cammin di nostra vita’ – scrive Spinelli - mi ritrovai a Ventotene, dove rimasi quattro anni, dal luglio del 1939 al 17 agosto 1943, dall’età di 32 a quella di 36 anni, dall’inizio della seconda guerra mondiale alla caduta del fascismo. Quegli anni in quell’isola sono ancor oggi presenti in me con la pienezza che hanno solo i momenti ed i luoghi nei quali si compie quella misteriosa cosa che i cristiani chiamano l’elezione… la mia debolezza si convertì in forza; sentii che una consonanza straordinaria si andava formando fra quel che accadeva nel mondo e quel che accadeva in me; compresi che fino a quel momento ero stato simile a un feto in formazione, in attesa di esser partorito, che in quegli anni in quel luogo nacqui una seconda volta, che il mio destino fu allora segnato, che io assentii ad esso e che la mia vera vita, quella che sto ora portando a termine, cominciò… Per questo motivo sono tornato più volte a Ventotene, quasi in pellegrinaggio, con Ursula e con amici federalisti, vecchi e giovani, e vagheggio che le ceneri mie e di Ursula siano portate a Ventotene e di lì sparse dal vento sull’isola e sul mare”.(7)
Altiero Spinelli è morto a Roma il 23 maggio 1986. Il 7 giugno dello stesso anno, il suo personale viaggio a Ventotene si è concluso: l’urna contenente le sue ceneri sono state portate qui nel piccolo cimitero da Ursula Hirschmann e da Barbara Spinelli, da Pier Virgilio Dastoli, da Luciano Bolis, da Gabriele Panizzi, in rappresentanza della Regione Lazio, e da rappresentanti del MFE, ad accoglierle il Sindaco di Ventotene, l’indimenticato Beniamino Verde (che aveva fatto stampare un apposito manifesto). Il 5 settembre successivo, la Regione Lazio ha organizzato a Ventotene una cerimonia (“Nel ricordo di Altiero Spinelli un rinnovato impegno per l’Unione europea”), nel corso della quale viene scoperta, a sinistra della scalinata all’ingresso del palazzo comunale, una lapide commemorativa in bronzo, voluta anche dal Comune di Ventotene e dal MFE.
A voi ragazzi, il compito di rinnovare il messaggio del Manifesto e la lotta politica di Altiero Spinelli, con voi si potrà completare il sogno di una Europa libera e unita. Viva gli Stati uniti d'Europa!
Ventotene, 30 agosto 2015
(1) Altiero Spinelli, “Come ho tentato di diventare saggio. Io Ulisse”, 1984, Il Mulino, p. 254
(2) Altiero Spinelli, op.cit., p.312.
(3) Colorni ricavò la versione tripartita del Manifesto inserendo la prima parte della IV sezione, ‘La situazione rivoluzionaria: vecchie e nuove correnti’, nella II sezione, ‘Compiti del dopoguerra: L’unità europea’; mentre la seconda parte della IV sezione è inserita alla fine della III sezione, ‘Compiti del dopoguerra. Riforma della società’. In più, Colorni migliorò lo stile e fece alcuni piccoli tagli nelle frasi contro l’URSS e la Santa Sede. Le copie dattiloscritte e ciclostilate sono perdute. Gli esatti contributi di Spinelli, Rossi e Colorni al Manifesto e la sua diffusione clandestina sono ancora in parte da comprendere al di là della testimonianza di Spinelli stesso.
(4) “La stabilità e la prosperità nell’Unione monetaria”, intervento di Mario Draghi presso l’Università di Helsinki, 27 novembre 2014.
(5) L’Istituto di studi federalisti “Altiero Spinelli” fu costituito il 3 luglio 1987, nella sede della Giunta Regionale del Lazio. Ne firmarono l’atto di nascita Ursula Hirschmann Spinelli, il Presidente della Regione Lazio, Bruno Landi, il Vice Presidente del Consiglio Regionale del Lazio, Gabriele Panizzi, il Presidente della Provincia di Latina, Antonio Signore, il Sindaco del Comune di Ventotene, Beniamino Verde, il Vice Segretario nazionale del MFE, Guido Montani, il Presidente dell’AICCRE, Umberto Serafini, il Presidente del CIME, Mauro Ferri, il Vice Presidente dell’AEDE, Silvano Marseglia, Luciano Bolis, Presidente della omonima Fondazione, il Segretario dell’intergruppo federalista del Parlamento europeo, Pier Virgilio Dastoli. Presidente dell’Istituto fu nominato Mario Albertini (Presidente MFE); Vice Presidente Gabriele Panizzi, Direttore Guido Montani.
(6) Lapide marmorea scoperta da Altiero Spinelli il 3 novembre 1973, che ricorda il trentennale della nascita del Movimento Federalista Europeo. Per quell’occasione, il Consiglio Comunale di Ventotene adottò la deliberazione 1° novembre 1973, n. 68 - “Giornata del confino politico. Conferimento cittadinanza onoraria ad Altiero Spinelli”-).
(7) Altiero Spinelli, op. cit., p. 261.
* Intervento al XXXIV Seminario di formazione federalista europea di Ventotene "IL FEDERALISMO IN EUROPA E NEL MONDO" Dall’Unione Monetaria agli Stati Uniti d'Europa