Questo sito utilizza cookie di terze parti. Se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso

S. Solberg J.  Creative Commons Attribution 3.0

Associare il “protagonismo” europeo alla dimensione globale è quanto mai difficile in questo momento di estrema vulnerabilità interna all'azione dell'UE, presa da una parte a “lottare” coi mezzi che ha a disposizione contro la crisi economica e sanitaria e dall'altra a darsi un ordine più compiuto ed efficace (presumibilmente efficiente) con la programmata Conferenza sul futuro dell'Europa.

 

Come tutti i processi anche quello di integrazione culturale, politica e territoriale dell'UE dipende anche dalla capacità di interagire rettamente, come Unione, con l’ambiente esterno.

Vogliamo comprendere le caratteristiche peculiari delle relazioni esterne dell’UE? Bene, allora occorre soffermarsi su quell'inevitabile gradualismo dell’avanzamento del processo di integrazione.

Conosciamo limiti e benefici del metodo da molti definito come “incrementale” (seppur non lineare) con il quale si è costruito il sistema politico dell’UE: poteri, regole decisionali e diversa distribuzione della sovranità a seconda del maggiore o minore interesse sempre prevalente della politica nazionale (permettetemi nazionalista mascherata da gradualismo funzionalista, perché dopo 70 anni non è più una teoria ma una pratica esaurita e fallimentare).

Oggi abbiamo davanti sfide che definirei “esterne-esterne” ruolo dell'UE come attore sulla scena internazionale tra grandi agglomerati e forze statali e imprese (pari agli stati nazionali per dimensione economica) che accrescono la loro rilevanza “interna” per la debolezza delle risposte che definirei “interne-interne”, la crisi decisionale, che blocca la reazione, in assenza di poteri condivisi a livello governativo europeo.

L’UE ha sviluppato le sue competenze in politica estera inizialmente come portato dell’integrazione interna. Questo implica che le aree di azione differiscono molto per quanto concerne l’attribuzione di competenze tra le istituzioni europee e tra queste e gli stati membri.

Con il Trattato di Lisbona i pilastri sono stati formalmente eliminati, ma le politiche continuano a differenziarsi quanto a grado di coinvolgimento delle istituzioni, meccanismi decisionali e metodo (comunitario/intergovernativo). Un cambiamento significativo per la politica estera europea introdotto dal Trattato di Lisbona è stato attribuire alle funzioni di Alto rappresentante (Ar) per la politica estera quelle di vicepresidente della Commissione, in modo da rafforzare la coerenza dell’azione esterna e attribuire un volto alle relazioni esterne dell’Eu, basta? NO! Evidentemente non è certo un Ministro degli esteri! Ma non c'è un governo europeo.

Può un soggetto internazionale complesso (per non dire ibrido), in continua trasformazione, avere un ruolo rilevante nella politica internazionale? E in che modo? Se ci fermassimo alla sola constatazione della divisione tra stati membri facendo un passo indietro basti richiamare il fallimenti davanti all’intervento USA in Iraq nel 2003 o alla ritardata risposta alle crisi in Nord Africa (e quindi ai flussi migratori) non avremmo spazio per discutere e quindi una politica estera non c'è stata e non c'è. Vogliamo far fare un salto all’Unione da “laboratorio della trasformazione dello spazio politico in epoca contemporanea” ad “attore della politica internazionale”?

Josepp Borrell intervenendo il 1° febbraio scorso alla Fondazione Robert Schuman per presentare i temi su cui lavorerà quest'anno il settore della politica estera e di difesa ha affermato che “dobbiamo realizzare l'autonomia strategica europea. Si è parlato molto di autonomia strategica, ma la pandemia di COVID 19 ha evidenziato l'urgenza di tradurla in pratica. Non si tratta di reclamare l'autarchia o di convertirsi al protezionismo, bensì di mantenere il controllo delle nostre scelte per decidere del nostro futuro.”

Altiero Spinelli in un suo volumetto della fine del 1978 intitolato “PCI, che fare?”, aveva individuato, proponendo un Piano Marshall per l'Africa, nella politica dell'espansione una buona cosa solo se in favore dei paesi di sviluppo “ma come parte integrante di un comune programma pluriennale di espansione loro e nostra”.

Parafrasando i due per l'Europa, per la sua “espansione” vuol dire correggere, direi, limitare le sue vulnerabilità in molti settori: dal digitale, alle infrastrutture critiche, passando per la salute e la difesa. Parlando proprio di difesa non può richiamarsi alla necessità di un esercito europeo, al comando militare europeo, alla necessità di rispondere anche qui non con un coordinamento, non con una sommatoria di eserciti nazionali.

Tocca finirla con la farsa tra “Stati Disuniti d'Europa e Stati uniti d'America” quando si parla di multilateralismo, per riprendere ancora Spinelli, in un articolo preparato per il Mondo nel 1950: pensare di salvaguardare le sovranità nazionali e nello stesso tempo garantire una valida difesa all'Europa è impossibile; o si sceglie una strada o l'altra.

Autore
Mario Leone
Author: Mario Leone
Bio
Mario Leone, laureato in Giurisprudenza presso l’Università Sapienza di Roma, con una tesi in Scienza delle finanze ("Unione monetaria europea e sistema federale"), ha conseguito un master in “Giurista di impresa” presso l’Università Roma Tre e un master in “Diritto tributario professionale” presso l’Università Roma Tor Vergata. Attualmente è funzionario della Direzione centrale servizi fiscali dell’Agenzia delle Entrate. E’ entrato nella formazione giovanile (GFE) del Movimento federalista europeo (MFE) nel 1991 e nel Comitato centrale del Movimento nel 1995, è attualmente membro del Comitato federale del MFE. E' stato segretario del centro regionale del Lazio del MFE (2014-2020). E' Direttore dell'Istituto di studi federalisti "Altiero Spinelli". Ha realizzato con l’Associazione europea degli insegnanti (AEDE), l’AICCRE (Associazione italiana del consiglio dei comuni delle regioni d'Europa) e la Provincia di Latina, programmi di formazione sulle tematiche europee, è relatore sulla storia e il processo di integrazione europea in programmi di formazione scolastica. L’AEDE provinciale di Latina nel 2010 gli ha attribuito l’annuale Premio Europa per l’impegno profuso per la diffusione dell’ideale europeista. Ha collaborato con la rivista “Il Dibattito federalista” edito dalla Edif e con “Il Settimanale di Latina” sulle tematiche europee. Collabora con il bimestrale "L'Unità Europea", con Iniziativa repubblicana e con Eurobull. Ha pubblicato nel 2017 il volume "La mia solitaria fierezza" (editore Atlantide) e nel 2019 il X Quaderno di Ventotene "Dal Manifesto di Ventotene all'azione federalista nella Resistenza".
Altri articoli dello stesso autore: