di Paolo Acunzo
Gli attacchi terroristici di Parigi, e quelli connessi ad essi, non sono stati solo un colpo al cuore della Francia, ma a tutto l’occidente. Lo sconcerto e il clima cupo che si è diffuso in tutta Europa sono sintomo della consapevolezza collettiva del grave momento storico.
I blindati per le strade di Bruxelles e le straordinarie misure per assicurare la sicurezza delle maggiori capitali europee possono essere necessarie ma non sufficienti a far uscire il vecchio continente da quel clima di angoscia e preoccupazione che ormai attanaglia tutti noi.
Il primo passo consiste nel capire cosa stia accadendo ad un mondo in profondo cambiamento per riuscire a dare una risposta all’altezza di queste nuove sfide globali. Non basta ammettere gli errori storici, che sicuramente l’occidente ha commesso in passato, ma si deve porre immediato rimedio a quelli che si stanno commettendo.
Non è più possibile pensare ad arginare fenomeni globali come quello del terrorismo internazionale con delle misure nazionali che spesso si rivelano velleitarie anche se supportate dalla migliore volontà di supporto internazionale. Il terrorismo va combattuto al suo stesso livello transnazionale, grazie a misure opposte a quelle che vorrebbero farci prendere. Non ci si deve chiudere all’interno della propria comunità nazionale, dietro i propri confini tentando di rigettare tutto ciò che è diverso, altro da noi, ma all’opposto bisogna pensare come mettere in comune le nostre risorse per essere in grado compiutamente di affrontare i rischi.
Per questo bisogna ripartire dall’Europa, perché si deve rimettere in movimento il processo d’integrazione se vogliamo tutelare i principi e il nostro stile di vita in un mondo che cambia. Maggiore integrazione che va perseguita tra e nei paesi, incentivando il dialogo e l’accoglienza tra i diversi gruppi sociali e culture religiose che li popolano.
Ad esempio, a livello istituzionale comunitario non è sufficiente, come accade oggi per la Francia, che i singoli stati europei possano prestare aiuto solo successivamente e su richiesta esplicita dello stato aggredito, ma si deve far si che questa misura sia preventiva e automatica per tutta l’Unione europea in caso di attacco terroristico, esplicitando il fatto che l’atto contro uno stato UE venga considerato ostile a tutti i membri dell’Unione Europea.
Allo stesso modo non ci si può limitare ad un coordinamento dei vari servizi di sicurezza nazionale, ma occorre istituire una Agenzia europea d’intelligence se si vuole garantire la massima sicurezza dei propri cittadini. Con lo stesso criterio se si vogliono prosciugare le risorse economiche del terrorismo internazionale occorre una moratoria di qualsiasi commercio (legale o illegale) con tutti coloro che fomentano il terrorismo e di una autorità sovranazionale che garantisca il suo effettivo rispetto anche nei confronti dei suoi membri.
Servono atti concreti che diano chiari segnali della volontà europea di agire in modo realmente unitario e di approdare a una vera politica estera e di sicurezza europea unica via in grado di realizzare una governance globale volta a riequilibrare un mondo sempre più abbandonato a se stesso. Cosi, ad esempio, a Lady Pesc devono essere dati gli strumenti per decidere e rappresentare realmente tutti i paesi della UE. Come la politica commerciale comunitaria, anche la cooperazione allo sviluppo deve essere pensata come un unicum con la PESC per incentivare la lotta alla povertà e alla disperazione umana nelle regioni da cui ha origine il terrorismo. Fino ad arrivare ad un seggio unico europeo permanente in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU, come sigillo finale dell’avvenuta presa collettiva di coscienza sul futuro dell’Unione europea nel contesto mondiale.
In definitiva tutte quelle misure che ci fanno chiudere in noi stessi, che incentivano le paure dell’altro e del futuro, che ci fanno ripensare il nostro stile di vita e gli stessi nostri valori ci indeboliscono. Rimettendo in movimento il processo di integrazione di una Europa spesso non all’altezza della sua storia e della sua cultura di apertura verso il mondo si riuscirà a ridare speranze verso un futuro migliore a chi già l’ha persa o la potrebbe perdere a breve.